Canone di locazione e attività “sospese”
In questo momento chiunque svolge un attività che ha dovuto chiudere, si industria per cercare di ridurre al minimo gli esborsi e conservare la liquidità indispensabile per tenere in vita e poter riprendere appena si potrà.
Tra i costi rileva sicuramente il canone per la locazione dei locali ove si svolge l’attività.
A quanto pare è escluso il rimedio di invocare l’impossibilità sopravvenuta (artt. 1463 e 1464 cod. civ.) ovvero l’eccessiva onerosità (art. 1467 cod. civ.). che mirano in sostanza alla risoluzione del contratto in essere, dal momento che le richieste dei conduttori sono generalmente dirette alla sola interruzione del pagamento dei canoni fino a quando sarà in corso l’emergenza.
L’unico rimedio sembra rimanere “l’impossibilità definitiva e impossibilità temporanea” art. 1256 Codice civile che recita: “Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla.
Al di là delle ragioni del diritto, c’è da augurarsi prevalgano quelle del buon senso e dalla solidarietà. Un rimedio potrebbe essere quello di convenire consensualmente una sospensione del canone per alcuni mesi con la previsione di “spalmare” tali arretrati sui dodici mesi successivi.
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